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l'ombra che scende


Strinse con una forza convulsa l’umile mano di quella donna, di quella devota compagna della sua esistenza randagia, l’unica mano ch’ella potesse ancora stringere in un addio alla vita, in un estremo commiato dal mondo, poi le mormorò con un sogghigno amarissimo:

— Adesso vai pure. E non scordarti di dare gli ordini necessari. Vi sarà un ospite questa sera alla villa. L’altra si avviò perplessa, volgendosi indietro alcune volte, finchè sparve ad uno svolto del sentiero.

La scogliera si profilava sempre più cupa sul mare ancora pallidamente luminoso che vaporava di viola nella imminente sera.

— È l’ombra che scende, formulò a fior di labbra la donna, immobile sullo scoglio basso come un nero viluppo dimenticato. — L’ombra che scende su di me, sul mio passato e sul mio presente, sul male che ho commesso e su quello che ho ricevuto, sul male che avrei ancora potuto fare e su quello che avrei ancora dovuto soffrire.

Ripiegata su sè stessa, col volto curvo sulle ginocchia, ella pianse a lungo con un femminile abbandono, pianse con una passione raccolta, con una pietà trafiggente su sè medesima e sulla propria fine. Quindi s’alzò a fatica ed appoggiandosi all’ombrellino bianco salì grado grado sul più alto scoglio e si lascò scivolare ad occhi chiusi nel gorgo.