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amalia guglielminetti


— Dopo tutto è un diritto che noi le abbiamo usurpato, — aggiunse la baronessa.

— Quando l’usurpatore possiede la loro cortesia e la loro grazia la vittima non può che rallegrarsi della propria sorte, — ammise inchinandosi con una sorridente galanteria Jacopo Reaziani. E presero il tè in faccia alla terrazza che scendeva nel parco, dove l’ombra violacea del tramonto s’addensava fra i tronchi degli alberi vetusti; e quando il giovine si congedò chiedendo il permesso di ritornare, la madre e la figliuola lo accompagnarono fino ai cancelli lasciando in lui un senso confortevole di famigliarità ancora riservata, ma tanto benevolente, che gli parve di sentirsene l’anima intiepidita come per la carezza di una morbida mano cordiale.

Aveva temuto giungendo di trovarsi a disagio in quella casa che era stata sua, ormai occupata e signoreggiata da persone ignote, forse non abbastanza delicate per impedirgli di sentire l’impaccio sottilmente umiliante dello spodestato. Invece gli era parso di trovarsi fra due amiche di età e figura diversa, ma quasi egualmente piacevoli ed attraenti, l’una che più lo inclinava alla confidenza; l’altra che più lo attirava verso la tenerezza, e quelle stanze dove si era svolta una parte della sua vita dolcemente cara al suo sentimento, non gli erano sembrate invase e profanate da gente straniera.

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