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amalia guglielminetti

cere all’avvenire di sua figlia e per le vie, in qualche pubblico ritrovo, in qualche sala ove si recavano insieme a prendere un thè o ad ascoltare un concerto, non l’abbandonava un attimo il timore che qualcuno tra la folla la riconoscesse, che qualcuno si presentasse a salutarla, invitandola a cena con la graziosa amica che l’accompagnava.

Ella stava di continuo all’erta, si celava quanto più le era possibile dietro l’ombra del velo, anche pronta a rinnegare sè stessa ed a mortificare con una altera smentita il malaccorto che avesse osato avvicinarla.

Ma quantunque il caso le fosse stato fin’ora benigno e l’aiutasse la sua attenta vigilanza, ella non cessava dal soffrire di una umiliata amarezza, talvolta sorda e latente, ma talvolta così viva ed acerba che la costringeva a respingere dalle proprie labbra la guancia fresca di sua figlia, quasi pel timore di contaminarla con un bacio.

Era stata sempre una donna appassionata, anche quando la ricchezza del sentire non poteva tornarle che superflua imprudente o nociva ed aveva sofferto di distacchi e di abbandoni, di tradimenti e di offese con una sensibilità acuta, quasi sempre in stridente contrasto con le errabonde esigenze della sua vita affettiva.

La passione materna, risvegliatasi tardi nella sua coscienza, l’afferrava ora con una affannosa

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