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amalia guglielminetti

pagnuola dove ci siamo già sposati tua madre ed io circa trent’anni or sono.

— Oh, babbo mio, grazie, grazie! — irruppe Luciana fra il sorriso e le lagrime, soffocata dall’emozione.

— Non c’è da ringraziare, bambina mia. Mi rassegno ad una specie di fato famigliare, simile a quello che grava su certe tragedie greche — sogghignò alquanto amaro suo padre. E dopo una pausa di riflessione soggiunse quasi allegramente: — Con la tua dote avrai anche la fattoria di Belprato. Desidero che quella casa passi in proprietà altrui, perchè ormai è già riuscita abbastanza di malaugurio alla dinastia dei Vannelli.

— Non dire così! — pregò Luciana con voce accorata.

— Non dirò così, — ripetè il genitore magnanimo, battendole sul braccio alcuni colpettini fra teneri e sardonici. E proseguì ridendo: — Ed ora asciugati gli occhi e va ad annunziare a tua madre che fra poche settimane ti chiamerai la signora Barbano, invece di chiamarti, com’ella credeva fermamente, la marchesa Santandrei.

— Sarà assai meglio se glie lo annunzierai tu, babbo, — lo supplicò con un sorriso ancora trepido sua figlia, cingendogli il collo con le braccia carezzevoli.

— Ma sì, bambina mia, promise con ilare

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