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come guarì luciana vannelli


Ma Luciana non fuggiva. Rideva con brevi trilli acuti come gorgheggi di capinera, afferrando con la punta delle dita affusolate i piccoli globi color dell’aurora, luccicanti nella sua palma e gli insegnava intanto ch’esse non erano vere perle d’oriente, ma una imitazione abbastanza perfetta d’occidente, e che un simile vezzo naturale, così mostruoso di bellezza e di grandezza, poteva valere tutta la fattoria di Belprato, compresa la sua padroncina.

A questo apprezzamento Arrigo protestò con un subitaneo slancio d’eloquenza, affermando che la padroncina di Belprato valeva da sola tutti i tesori del mondo.

Luciana allora lo considerò un attimo con meraviglia e poichè le piaceva l’impeto un po’ tremulo della sua voce e il bagliore dei suoi denti mentre le parlava ritto al suo fianco, si dilettò a punzecchiarlo con sottile malignità come usava con gli amici suoi e particolarmente col marchese Santandrei.

— Parla sempre con questo entusiasmo quando fa la corte alle forosette del villaggio?

— Io non faccio la corte a nessuna. Non mi piacciono le ragazze stupide e ignoranti, — egli rispose quasi con durezza.

— Quali le piacciono, dunque?

Arrigo non rispose più, ma coi denti serrati sotto le mascelle trasse un profondo sospiro

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