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come guarì luciana vannelli


— Mi piacciono anche un poco acerbe, — ella assicurò con un amabile riso, accettando l’offerta e badando a non pungersi.

Il giovine tacque, e la guardò con un sorriso un pò incerto sul volto maschio, dorato dal sole e dai venti, così regolare nella classica precisione dei lineamenti, da sembrar scolpito in un chiaro bronzo, mostrando fra le labbra, ancora fanciullesche nella loro tumida freschezza, un eguale candore di denti abbaglianti.

Luciana assaporava i suoi frutti selvatici, li gustava ad uno ad uno con piccoli gesti di graziosa ghiottoneria, che il giovine cacciatore seguiva con lo sguardo dei suoi limpidi occhi grigi, e si chiedeva intanto irresoluta: «Che cosa sarà costui? Un signore vestito da contadino, oppure un contadino vestito da signore?».

Ma non riusciva a trovare una risposta convincente.

— Non ha paura a passeggiare tutto il giorno sola per questi boschi?

— Paura di che? non s’incontra mai nessuno.

— Io l’ho veduta altre volte. E so anche il suo nome.

— Davvero?

— Lei è la signorina di Belprato.

— E come mi conosce se sono qui da così poco tempo?

— La conoscono tutti quassù. E poi....

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