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amalia guglielminetti

d’uomo alle sue spalle, ridendo forte; e prima che ella si volgesse verso l’ignoto sopraggiunto, qualcuno che la sorpassava di tutto il capo le fu accanto, tese una mano bruna, staccò facilmente un ramo irto di rovi e le porse con un atto di semplice gentilezza il lucido grappolo nero.

— Grazie — ella mormorò, più meravigliata che confusa, avvolgendo in un lungo sguardo incuriosito il bizzarro personaggio sconosciuto, il quale continuava a spiccar rami senza curarsi delle spine che gli insanguinavano i polsi, ed a raccogliere in un mazzetto selvaggio la fresca maturità dei frutti boscherecci.

Egli era un giovine alto e bruno, complesso ed agile, col torso gagliardo e le larghe spalle ben modellate in uno stretto costume da caccia di grossa stoffa oscura, con alti gambali di cuoio nero ed un cappello floscio, che davano alla sua elastica prestanza un’apparenza di trascurata signorilità.

Aveva posato sull’erba la carabina lucente intorno a cui si aggirava fiutando il suo grosso setter bianco macchiato di scuro, e si volgeva ora ad offrirle l’irto mazzetto, tenendolo pel gambo rivolto verso terra, con la mano alquanto malferma e sorridendo con un leggiero impaccio d’uomo timido.

— Ecco le more, signorina. Temo però che non sieno molto dolci.

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