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come guarì luciana vannelli

di vimini, i primi giorni della sua vita campagnuola. Leggeva distrattamente un romanzo francese irto di complicazioni sentimentali, e tratto tratto abbandonava il libro in grembo e riposava lo sguardo e la mente, contemplando l’ondulato verde dei poggi che chiudevano l’orizzonte.

Una mucca di color fulvo pascolava nel prato davanti alla casa, e la vecchia contadina che la custodiva, filava con placida lentezza seduta sul tronco di un albero abbattuto.

Luciana riflettè con un sorriso raccolto che la scena non poteva apparire più pastorale, e la vita che le viveva intorno non poteva essere più primitiva.

Ma d’improvviso un fragore di moderna civiltà sconvolse quell’agreste idillio, e la rossa automobile di sua madre, lanciando all’aria alcuni rauchi squilli di tromba, si avviò ansando lungo l’erta salita, entrò nel portone spalancato, irruppe nel cortile.

Poco dopo la signora Vannelli raggiunse sua figlia, le sedette di fronte, sotto l’arco di mobile ombra, si liberò dal fitto velo che riparava dalla polvere devastatrice e dal cocente sole il suo volto, avvolgendole tutto il capo come un oggetto prezioso.

— Ti senti meglio, bambina? Hai un bellissimo aspetto, ma l’aria annoiata come in un giorno di pioggia.

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