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amalia guglielminetti

nanzi agli occhi una lettera aperta che egli rileggeva da mezz’ora.

Ella gli fu alle spalle, si chinò d’improvviso su di lui e gli chiese modulando una voce carezzevole:

— Che cosa leggi, Arturo?

Di scatto egli si volse con una faccia oscura, con gli occhi torbidi di tante ore vegliate e si mise a ridere d’un riso sordo e bieco che gli torceva la bocca.

— Ecco che cosa leggo, — disse battendo il pugno sul foglio che sobbalzò, — leggo le prove della mia cieca imbecillità, e quella della tua svergognata impudenza.

— Arturo, che dici? — ella domandò spaventata, premendogli una spalla con la destra tremante, così bene investita della sua parte di donna accusata a torto, che le pareva di sentirne nel cuore tutto lo sdegno e tutta la ribellione.

— Sono le lettere di un tuo amante, capisci? Eccole qui tutte quante. Sono le lettere che tu conservavi gelosamente insieme coi tuoi gioielli, chiuse in fondo allo scrigno delle cose più preziose. Ah sì! Sono veramente preziosi questi fogli. C’è tutta una rivelazione qui dentro. C’è una donna che io non conoscevo ancora in sette anni di vita comune, e che valeva la pena di conoscere per prenderla saldamente alle spalle e

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