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amalia guglielminetti

avere prodotta la minima lacerazione nella rete delicata dell’estimazione, del rispetto e della fiducia pubblica.

Naturalmente la via pericolosa ed attraente che la tentava e le suggeriva così perniciosi pensieri non era un sentiero deserto nè fiancheggiato da siepi di rovi. Era bensì una stradetta in ombra, silenziosa e misteriosa, ma si allungava all’infinito sotto ghirlande di rose e al principio dell’erta verso cui essa dolcemente saliva l’attendeva un bellissimo giovane dai capelli bruni e ondulati e dagli occhi grigi e magnetici, il quale si chiamava semplicemente, nella prosaica realtà dello stato civile, il signor Gigi Demarinis.

Gigi Demarinis le faceva da un mese e mezzo la corte e da otto giorni nutriva su di lei fondate speranze di conquista. Le nutriva da quando la signora Angelica aveva cominciato a trattarlo duramente, con quell’asprezza spaventata della donna che si sente a poco a poco costretta a cedere innanzi ad un avversario più forte e se ne vendica in precedenza pungendolo con fredde parole e con atteggiamenti sdegnosi.

Egli conosceva ormai da dieci o dodici anni quel genere di schermaglia e, consapevole della propria superiorità e della propria fortuna, vi si divertiva prolungando quello stato d’attesa ostile ed incerta che esasperava le donne e gliele but-

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