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70 l’immagine e il ricordo

di delirio e di spasimo che mi prostrarono. Ebbi la febbre e rimasi nella mia cuccetta quasi al buio nella sola compagnia di quel ritratto, insofferente anche degli amici più cari. E a poco a poco, contemplando senza posa quell’immagine adorata, mi pareva talvolta ch’essa impallidisse o si confondesse sotto il mio sguardo; mi sembrava quasi che il fervore della mia contemplazione ne sciogliesse lentamente le linee come si discioglie presso il fuoco la cera. Poi pensavo che certo erano allucinazioni della febbre e che la dolce immagine mi sorrideva sempre nitida e bella come prima, tra i palmizi del giardino lussureggiante.

Ma quando finalmente m’alzai ed osservai il ritratto alla piena luce del mezzogiorno rimasi costernato. No, la dolce figura non si delineava più snella e chiara nella sua piccola cornice d’oro. Il volto, il collo, le braccia parevano coperti d’un velo di polvere grigia e le pieghe molli della tunica bianca s’erano appesantite e quasi confuse con le linee del paesaggio.

Trasognato e ancora debole com’ero, non comprendevo quella strana trasformazione e vi attribuivo un funesto presagio. Forse ella era malata, forse ella era morta e me ne avvertiva così con quell’annunzio misterioso. Non sapevo rispondermi e frattanto il ritratto impallidiva sempre più, sempre più si con-