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52 | un piccolo segreto |
Ma Nina Fares, la giovine vedova, premette ripetutamente il bottoncino elettrico e vibrarono all’interno prolungati trilli senza che Franco Devalle apparisse. Lo studio si apriva sopra un corridoio fiancheggiato da alcune altre porte ed ella s’appoggiò al muro inquieta e nervosa, domandandosi per quale ragione egli mancasse al consueto convegno. Trasse dalla borsetta una sua lettera del giorno innanzi e la rilesse con attenzione. Non s’era ingannata; egli le fissava l’appuntamento per le quattro del domani e le quattro erano ormai passate da venti minuti. Non le rimaneva che tornare sui suoi passi, tristemente, con la delusione di quella porta rimasta chiusa ai suoi richiami, con un senso d’oscura ostilità per chi la deludeva e già s’avviava lentamente con una ruga di corruccio fra le sopracciglia e il volto angustiato nell’ombra del fitto velo nero, quando un passo affrettato risuonò lungo la scala e quasi d’improvviso Franco le fu d’innanzi e l’accolse fra le sue braccia mentr’ella già poneva piede sul primo gradino.
— Perdonami, amore, perdonami se mi son fatto attendere tanto. La colpa non è mia. La direttrice vuole iniziare un corso di lezioni d’arte e mi ha trattenuto per parlarmene. Immagina come fremevo d’impazienza sapendoti qui ad aspettarmi. Mi perdoni?
Egli la trascinava parlando verso la porta