Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
42 | la serena ignoranza |
— Signor marchese! — ripetè Vincente senza muoversi, col viso torvo e la voce irrompente di chi si crede beffato.
E proseguì lento e solenne: — Mia figlia è una ragazza onesta: lo sappia.
— Via, via, e chi ne dubita? — mormorò infastidito e conciliante Emanuele, mentre accendeva con gesto pacato il suo avana.
— Lei, ne dubita, lei, signor padrone, — proruppe l’altro avvicinandosi fino a porgli sott’occhio le sue spalle erculee e le sue mani dure, e con una di queste afferrò la figlia ad una spalla come per scagliarla alla porta: — Tu intanto vattene di qui; la casa del marchese Atris non è il tuo posto, — le comandò rudemente.
Ma Emanuele, pallido, fremente, indignato di tale imposizione, intervenne fra i due. Il suo carattere autoritario e impulsivo insorse veemente. Come mai un villano si permetteva di imporgli la propria volontà? Il suo capriccio doveva essere rispettato a qualunque costo e con gli spiriti intorbidati dall’ira dichiarò fermamente:
— Vostra figlia può rimanere qui; ella è in casa sua. Vi avverto che fra un mese sarà mia moglie.
Allora il fattore Vincente lo considerò un lungo momento sbalordito dallo stupore, quindi allungò una delle sue ruvide mani come per offrirla ad una stretta di riconcilia-