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la serena ignoranza | 41 |
— Verrai ogni giorno a portarmi la frutta fresca per la mia colazione; così mi sembrerà più squisita, — le ordinò amabilmente mentr’ella usciva tutta confusa.
E Luce tornò ogni mattina alla tavola del suo padrone portandogli il fresco tributo dei frutti primaverili, ed ascoltando senza talora comprenderle, le lodi ch’egli le prodigava sempre più galanti e sempre più fervide.
Questo durò parecchie settimane senza che egli fosse riuscito ad ammansare o ad ammorbidire la selvatichezza ritrosa della fanciulla; ma un giorno, mentre egli le aveva stretto la testa fra le mani tentando di piegargliela all’indietro per ammirare la linea del suo collo che pareva quello d’una statua greca, ed ella vi si ribellava col volto rosso di turbamento e di vergogna, il suono d’una voce rude e cavernosa li fece volgere entrambi alla porta.
— Signor marchese! — esclamò con forza il fattore Vincente roteando ferocemente gli occhi in mezzo alla sua barba nera, e i cristalli e i fiori della tavola parvero tremare al grido di quella paternità offesa. Solo il marchese restò impassibile e gli spiegò sorridendo:
— Paragonavo il collo di vostra figlia a quello di una statua che vidi recentemente a Roma e davvero vi trovo molte rassomiglianze.