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344 | il nome |
immonda, mormorando con gli occhi altrove e il viso disgustato: — Vattene!
Fuori, nella strada, sotto gli alberi neri e il cielo più nero, nella notte fresca e silenziosa, fra le cose tranquille e pure che assolvono e consolano gli uomini di tutte le loro colpe e di tutte le loro miserie, ritrovai me stesso col mio cuore sanguinante e calpestato ma ancora vivo, col mio nome dimenticato e rinnegato ma ancora mio.
E partii all’alba senza che quella ch’io aveva amato fino all’annientamento sapesse chi ero e dove andavo.
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— Non narrasti mai quest’avventura a Mario Scotti? — domandò Guigas dopo un lungo silenzio dell’amico durante il quale questi accese una sigaretta, buttò il cerino sull’acqua e rimase a guardarlo attentamente finchè si spense.
— No, — rispose Ottavio riscuotendosi dalla sua fissità; — forse lo avrei divertito troppo. E poi quasi per una specie di strano pudore lo sfuggii dopo d’allora provando dinnanzi a lui non ostante tutte le autodifese e i ragionamenti in mio favore uno strano disagio, un’intima vergogna come se avessi commesso una colpa a suo danno. Del resto,