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il nome 341

gliacco pretesto che tenga, questa volta dovrò confessarle ch’io sono l’avvocato Ottavio Ottaviani e non l’esploratore Mario Scotti.

E mi sforzai a ridere volendo immaginare il volto stupefatto e gaio di Elena, ma riuscendo solo a vedere in fantasia la ruga diritta e profonda che si scavava sulla sua fronte nei momenti d’irritazione e di sdegno.

— Parto, — le dissi col primo bacio, e la vidi impallidire, le sentii piegare la fronte sulla mia spalla con un no! così implorante che mi trapassò il cuore di felicità.

Ma quando le parlai brevemente della malattia di mio padre ella sporse le labbra con una piccola smorfia di superba contrarietà e mi osservò:

— Non sapevo che tu avessi un padre e specialmente che tu gli dovessi curare gli acciacchi della vecchiaia.

Sentii che il coraggio di parlare mi mancava un’altra volta e le fermai al polso una catena a grosse maglie d’oro che intendevo offrirle dopo la confessione per ottenere il suo perdono.

Ella ritornò carezzevole e dolce, non parlò più della mia partenza come se non vi credesse e uscì con me nella sera primaverile piena di stelle e di canzoni.

— Domani sarò lontano, — io mi ripetevo frattanto col petto chiuso in uno spasimo e quando rientrammo a notte alta in casa sua,