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il nome | 339 |
udivo la carezza molle e tenera della sua voce in quel nome che non era il mio, mi smemoravo d’ogni più fermo proposito, e invece di confessarle il mio inganno le domandavo tremando:
— Mi ami, Elena? E perchè, dimmi, perchè mi ami?
— Perchè mi piaci, perchè hai questa bocca, questi occhi, questi capelli, perchè sei tu, — ella mi rispondeva passandomi sul viso dolcemente le sue dita sottili ed io ripetevo come trasognato: — Perchè sono io, nevvero, solo perchè sono io ti piaccio? Se fossi un altro non mi ameresti così?
Ella allora mi scuoteva ridendo, scherzava su quelle mie stranezze d’uomo troppo intelligente e perciò leggermente pazzoide, che la divertivano e la inquietavano al tempo stesso.
Ero giunto ad augurarmi che ella venisse a conoscere la verità per caso da altri che da me stesso, ma io conoscevo a Roma pochissima gente che avevo d’altra parte evitato ed ella faceva una vita piuttosto riservata e solitaria.
Inoltre ella credeva ch’io abitassi nel villino d’un amico come le avevo raccontato il giorno del nostro incontro e non era venuta mai a cercarmi nell’albergo dove in verità alloggiavo e dove si sapeva il mio nome.
Una volta Elena mi aveva pregato di por-