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336 il nome


Insieme pranzammo nel vagone-ristorante, insieme divorammo gaiamente aranci e biscotti comprati per via e insieme discendemmo finalmente a Roma divenuti amici. Da alcune ore non parlavamo più di viaggi e d’esplorazioni ma di noi stessi ed io mi ero accorto con piacere che gli entusiasmi orientali della mia compagna erano alquanto ostentati, la sua coltura esotica piuttosto superficiale e che, come tutte le donne belle, preferiva ad ogni altra cosa di piacere e d’essere corteggiata.

Io non le lasciai mancare quest’omaggio e baciandole la mano mentr’ella saliva in una vettura di piazza le chiesi il permesso di rivederla.

— Vi attenderò domani all’ora del thè, — ella consentì con un ultimo sguardo balenante e si ritrasse nel buio della carrozza che partiva.

— Domani le svelerò il mio vero nome, — risolsi avviandomi in un’automobile all’albergo; — le dirò che quest’inganno fu un piccolo scherzo e ne rideremo insieme, traendo da ciò una nuova intimità.

Il giorno seguente fui occupato senza posa ad eseguire il delicato incarico affidatomi ed erano già le sei di sera quando mi riuscì di liberarmi degli avvocati e di correre dalla mia novella amica.

Ella aveva indossato un kimono autentico