Pagina:Guglielminetti - Anime allo specchio, Milano, Treves, 1919.djvu/342

332 il nome

domi a quell’errore di persona dal quale potevo trarre qualche grazioso vantaggio, e riflettevo intanto con allegria alla bizzarria del caso, che faceva scambiare un uomo come Mario piccolo barbuto scimmiesco sebbene scienziato celebre, con un ragazzo come me, ch’era tutto il contrario.

Percorrevamo intanto quel lungo tratto delle gallerie liguri le quali concedono all’occhio del viaggiatore tanto rare e tanto brevi apparizioni di un magnifico paesaggio, così verde turchino che sembra visto in sogno e non nella realtà, e ciascuno di noi pareva assopirsi nel suo angolo, aspettando che cessasse il rombo e la luce del giorno tornasse.

D’un tratto il vetro di un finestrino forse non bene assicurato, cadde con un colpo secco e lo scompartimento si riempì di fumo, un fumo di galleria così acre e denso che ci costrinse a chiudere gli occhi e turarci le narici tossendo.

— Piccoli incidenti di viaggio, — io osservai risollevando sollecitamente il cristallo e la mia compagna soggiunse sorridendo:

— Piccoli incidenti che non debbono inquietare lei, abituato a ben altri pericoli.

— Oh Dio, signora, — mi schermii con modestia, — il fumo negli occhi non è piacevole sotto nessun tropico.

— Sempre meglio degli antropofagi e del