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il nome 329


— Stasera tu pranzi con me, — egli mi disse prendendomi per il braccio e costringendomi a salire nell’automobile accanto a sè. E poichè io mi schermivo adducendo a scusa le parecchie incombenze che mi rimanevano da sbrigare, fra cui l’acquisto di una valigia, perchè mio fratello partendo per il suo collegio in Svizzera s’era portata seco la mia, Mario Scotti rise sonoramente promettendo d’equipaggiarmi egli stesso per quanto mi potesse occorrere, non solo per andare a Roma, ma anche a Londra od a Singapore.

Mi lasciai convincere e cenai con lui e con pochi altri intimi in quella sua deliziosa sala da pranzo all’orientale, lucente e austera come una moschea dove i nostri abiti e le nostre calzature stridevano e stonavano come una profanazione, e alle due del mattino dopo una serata passata al tavolino del bridge o nel salotto da fumare me ne tornavo a casa nell’automobile di Mario recando con me una magnifica valigia in cuoio di Russia, la quale presso il suo complicato sistema di chiusura recava un quadretto rettangolare pure incorniciato in cuoio, col nome e la professione dell’amico in una bella stampa gotica: Mario Scotti. Esploratore.

— Lascerò a casa questo biglietto di presentazione troppo denunziatore, — pensavo osservando ch’esso era fissato alla maniglia con una semplice fibbia, ma giunto nella mia