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320 | il vigile amore |
con una sfumatura più rosea alle guancie mentre Riccardo esprimeva rumorosamente la sua compiacenza e m’avvertiva che ti avrebbe ben custodita e protetta durante la mia assenza. Lo ringraziai ironico, battendogli la mano su una spalla e m’avvicinai a te per salutarti prima d’uscire, per le ultime incombenze.
Tu leggevi un giornale a capo chino e mi dicesti porgendo la mano al mio bacio: «Mi spiace molto che tu parta: mi potevi portare al Siegfried questa sera».
— Ti porterà Riccardo, — risposi, — anzi, passerò a fissarvi un palco io stesso.
Sapevo che Riccardo detestava la musica in genere e quella vagneriana in ispecie, che nessun supplizio era per lui paragonabile a qualche ora d’audizione musicale. Lo immaginai nell’ombra di quel palco accanto a te, rapita dal canto dell’eroe, costretto a lottare per quattro ore contro le insidie della noia e le torture del sonno e uscii col cuore quasi alleggerito dal pensiero di quella sottile vendetta. Ma per via mi domandai se sarei veramente partito, mi chiesi se non fosse stupida temerità lasciarti così in preda alla possibilità, quasi alla certezza del pericolo; mi dissi che forse era giunta l’ora di reagire.
Così meditando, triste ed inquieto, passai a fissare il palco, errai un poco alla ventura e ancora incerto dei miei propositi rincasai.