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allegro, ma non troppo 311

sotto quegli enormi occhiali. Come devono amarsi quei due!

Ma la Galeata interruppe seccamente il sospiro della sua amica.

— Addio, cara, — le disse d’improvviso con una voce così aspra che l’altra le si volse meravigliata.

— Quel motivo è tanto nuovo, — diceva la signora Altavilla, la quale secondo l’uso dei vecchi rifletteva molto prima di parlare, — ed è così grazioso che non si può fare a meno di notarlo. Però quel signore mi pare alquanto leggero a non accorgersi che il farsi precedere da questa fanfara è molto, molto imprudente.

— Buona sera, signora, — concluse la Galeata come se non avesse inteso quelle osservazioni e ritornò in giardino con l’amica, la salutò, salì nella carrozza che l’aspettava al cancello. Ma com’ebbe percorso un breve tratto di strada ella si assicurò che il terrazzo della Gelsomina fosse deserto, quindi discese, pagò il cocchiere e tornò indietro a piedi.

L’automobile di suo marito era sempre ferma al medesimo posto e il cancello dalle lancie dorate era chiuso. Ella vi si diresse e quando fu presso quella soglia esitò un momento ansando di emozione, quindi si risolse, premette il bottone del campanello.

S’udì nell’interno un lungo trillo, poi una cameriera giovine in cuffietta di pizzo bianco attraversò una breve serra vetrata e aperse.