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308 allegro, ma non troppo

leggere o a ricamare in giardino, cosicchè fu tutta lieta quando capitò di passaggio nell’albergo la signorina Altavilla, una sua antica compagna di scuola che si piccava di illustre nobiltà e che, forse per questo, forse per causa della madre sempre inferma era rimasta a trentacinque anni una zitella grassoccia e sentimentale, un po’ miope e molto espansiva.

Non s’erano rivedute da molti anni e chiacchierarono dei loro affari e di quelli degli altri finchè l’Altavilla abbracciò con impeto l’amica e corse alla stazione invitandola con calore alla sua villetta, ch’era lontana un’ora di treno e veniva chiamata col poetico nome di Gelsomina.

Dopo un’altra settimana suo marito le annunziò un mattino partendo in automobile che sarebbe rimasto assente tre o quattro giorni per trattare un affare d’importanza e poichè ella continuava ad annoiarsi ed i bambini erano ben custoditi dalla loro governante, decise un pomeriggio di recarsi a visitare la sua amica.

La Gelsomina tutta avvolta nel verde delle piante odorose che le davano il nome, distava dalla stazione circa un quarto d’ora di carrozza e la signora Galeata vi si fece portare e suonò al cancello fra le gioiose acclamazioni della signorina Altavilla che corse ella stessa ad aprirle.