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allegro, ma non troppo 305

dezza per l’avvenire e alcuni rari momenti di fervore operoso i quali non bastavano a portare a compimento l’opera ed i sogni.

Quando ebbero pranzato in un alberghetto di montagna tutto chiaro e lindo, mentre la signora Galeata faceva riposare i bambini, Santamaura disse all’amico appoggiando i gomiti sulle lunghe dita incrociate:

— Ricordi tu la marcia nuziale del mio Don Giovanni, quella che accompagna l’eroe ogni volta ch’egli entra in scena?

Socchiuse gli occhi e alzò un dito ispirato:

— Ta, ta, tatatà.... È uno scoppio di gioia e di passione, è un grido d’amore, di tutti gli amori. Io la chiamo marcia nuziale in un senso pagano, intendendo per nozze il congiungimento di due creature innamorate, l’ebbrezza suprema degli amanti. È il grido d’Elvira e di tutte le altre donne, il tema dominante che variando si ripete per tutta l’opera.

— Ebbene? — domandò Sandro corrugando le ciglia e assentendo vivamente come se s’interessasse molto a quel discorso che in realtà gli era divenuto indifferente a furia d’udirlo ripetere.

— Ebbene, ora vi ho aggiunto un piccolo motivo, allegro ma non troppo, poche note squillanti e sfuggenti che tornano parecchie volte e che sembrano un commento, una ri-