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la saggezza del destino | 299 |
gergli energicamente la mano. Ma in quei pochi attimi di sospensione lo sguardo di Ruggero aveva còlto la situazione e compreso. Un giovine alto e biondo, dalla fisionomia spiccatamente inglese, s’adagiava in una poltrona di vimini ed alla sua sinistra, sul largo bracciuolo sedeva Glady, la sua Glady, accendendo una sigaretta alla sigaretta dell’ospite; il suo braccio bianco e nudo posato su lo schienale pareva cingere le spalle del giovine il quale la fissava intensamente, sorridendo.
Rimessi dal primo impaccio, gli offrirono il caffè e lo assediarono di domande sui paesi sconosciuti dai quali egli giungeva, ma Glady non gli rivolse quasi parola, ed egli rispose breve e conciso sebbene cortese, dominando la collera sorda che lo mordeva. Poi se ne andò e non promise di ritornare. Solo Magda, la sorella minore lo accompagnò al cancello, e mentre egli scioglieva le briglie del cavallo legato ad un albero, gli disse con quella ingenua sfrontatezza che pareva talvolta promettere tutto, perfino la lealtà del carattere:
— Glady sposa l’inglese fra quindici giorni, ma io sono ancora libera, mio caro Ruggero.
Ruggero la guardò un momento in silenzio, poi le domandò:
— Crede in Dio, lei?
Probabilmente la piccola Magda non si era