Pagina:Guglielminetti - Anime allo specchio, Milano, Treves, 1919.djvu/299


il viaggio 289

gerio mite per la sua fronte scottante. Un facchino prese il suo lieve bagaglio e la guidò allo sportello. Ella si guardava intorno paurosa di incontrare qualche amico del marito, qualche propria conoscenza, ma ciascuno andava pei fatti suoi e l’osservava senza curiosità.

Quando ebbe il biglietto chiese all’impiegato dove si trovasse l’ufficio dei vagoni-letto. Egli la informò cortesemente che poteva fissare il posto sul treno stesso essendo l’ufficio chiuso a quell’ora. Il facchino la precedette fino al treno di Parigi, aspettò ch’ella avesse confabulato col conduttore dello sleeping e andò a collocarle a posto la piccola valigia.

Ella rimase sola. Tutto si era compiuto colla massima facilità, quasi come una tranquilla e onesta partenza, piuttosto che come una romantica fuga. Mancavano dieci minuti all’ora fissata ed ella supponeva che Leonetto non fosse ancora giunto. Lungo il marciapiede passeggiavano discutendo due signori stranieri; nel corridoio non v’era alcuno.

Ad un tratto nel silenzio risuonò un lungo, squillante riso di donna.

Veniva dalla cabina accanto, che aveva la porta semiaperta, e vi rispose una voce di uomo, bassa, contenuta, accompagnata da un ridere sommesso, come in uno scherzoso rimprovero.