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288 | il viaggio |
pello che le lasciava scoperte solo due ciocche oscure alle tempia, riflettè alquanto se dovesse scrivere al marito un biglietto d’addio. Decise infine di mandargli invece un telegramma dalla frontiera che egli avrebbe trovato il mattino dopo rientrando e per ultimo s’avvolse il viso e il capo in un velo nero fittamente arabescato che le confondeva i lineamenti rendendola a un primo sguardo quasi irriconoscibile.
Suonarono le undici, ma la fantesca sfaccendava ancora rumorosamente per la casa deserta ed ella attese che tutto fosse buio e silenzio prima d’uscire. Il cuore le martellava sordo nel petto mentre salutava le piccole cose note e care che non avrebbe riveduto mai più. Baciò un ritrattino di sua madre morta anni innanzi, le chiese mentalmente perdono e pensò che poteva portare con sè quel ricordo dolce e triste. Lo chiuse nella valigetta e cautamente si dispose a partire. Al buio, attutendo i passi, dischiuse l’uscio senza rumore, discese rapida, aperse un’altra porta, fu nella via. Camminò nell’ombra evitando i fanali, dissimulando contro la veste la leggera valigetta fino ad una piazza dove sostavano alcune vetture. Diede l’indirizzo della stazione e non appena fu seduta s’accorse d’essere stanca come se avesse percorso un interminabile cammino, ma l’aria della notte fresca e profumata la sollevò, fu un refri-