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il viaggio 285

vivere quasi in uno stato di sonnambulismo con l’anima assente e lontana.

Quando suonò per un ultimo saluto alla porta di Leonetto di Bianzè tremava come quando vi era venuta per la prima volta. Le aperse il domestico con la sua solita faccia fredda e impenetrabile e la guidò attraverso ai bauli che ingombravano l’entrata fino allo studio dove Leonetto in pigiama di seta azzurra scriveva. Egli sollevò il capo, le sorrise e tracciò l’indirizzo prima di venirle incontro.

— Figurati che non ho ancora trovato il tempo di far colazione, — le disse cingendole le spalle col braccio senza smettere di fumare, — e fra mezz’ora devo ricevere una visita del mio avvocato.

— Ciò significa che mi mandi via subito, — osservò Gemma fra desolata e risentita.

— Oh, non subito. Ma oggi sono come tuo marito quando ha molti clienti da sbrigare, — rise egli senza finezza, e dinanzi al volto mortificato di Gemma soggiunse: — E invece avrei tante ore e tanti giorni da dedicarti durante questo mese mentre me ne andrò solo e ramingo pel mondo!

— Se tu lo vuoi io ti seguo, — dichiarò ella prontamente rialzando il capo quasi con un moto di sfida verso il destino contrario.

— Non dire sciocchezze, — egli l’ammonì con benevola compassione. — Lo sai che non