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la falena e il lume 19

fia a piccole tappe, con un viaggio così lento e piacevole che mi credetti all’improvviso guarita di tutte le mie sofferenze.

Invece, appena giunta, la leggera febbre mi riprese e mi tenne a letto quasi una settimana, assistita da Sofia come da una devota infermiera. Io dormivo nel piccolo letto accanto al suo, nella grande stanza matrimoniale ed ella si alzava durante la notte per misurarmi i gradi di febbre, per contarmi le pulsazioni e somministrarmi i calmanti.

Io le prendevo qualche volta le mani, e glie le stringevo a lungo, senza parole, non sapendo come esprimerle la mia gratitudine, oppure le dicevo sommessamente: — Grazie, grazie, come sei buona, Sofia! — mentre ella sorridendo mi copriva la bocca con la sua mano per costringermi a tacere.

Una volta che io avevo insistito nelle mie espressioni di riconoscenza, ella sedette accanto al mio letto e mi disse con quella sua semplicità così fresca e serena che le dava un’aria tanto candida e giovanile:

— Io posso, io devo essere buona, Ela mia, perchè io sono felice e non ho fatto assolutamente nulla per meritare la felicità. Non sono bella, non sono intelligente, eppure ho avuto dal destino tutto quanto una donna può desiderare: una vita agiata e tranquilla, dei figli sani e graziosi ed un marito infinitamente superiore a me fisicamente ed in-