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268 | la signora è tornata |
mezzanotte io sarò a casa mia. Voi mi accompagnate? Claudio non deve trovarmi qui.
Ella parlava a scatti, infilandosi i guanti nervosamente, sbattendo le palpebre sotto il suo velo, ansando, dominata da un’inquietudine impaziente e paurosa.
Quando fu seduta in carrozza presso Umberto Deiva, la governante apparve sulla porta, sostò fra i due cipressetti, riparando dal vento con la mano la fiamma di una piccola lampada e gridò nell’ombra con la sua voce stridente:
— Vanno incontro al signor Claudio? Li aspetto fra un’ora. Buona sera signor Umberto, buona sera signora Fausta!
La carrozza correva nella notte profonda, ed Elisa si stringeva nel suo mantello battendo i denti in una febbre d’angoscia.
— Fausta si chiama? Fausta? — gemette d’un tratto rivolta verso il compagno, e soggiunse tremando, quasi senza voce: — Ah se almeno avessi ignorato il suo nome!
E il compagno le strinse la mano nell’ombra, ma non seppe o non volle darle conforto.