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224 il dolce egoismo

lo guidò lungo i piccoli viali già ombreggiati dalle prime fronde e lo condusse a riposare nella rotonda dei platani dove dalle larghe foglie aperte come grandi mani scendeva una molle ombra, macchiata qua e là di mobili dischi d’oro di sole.

Alcuni d’essi scherzavano su la nuca ricciuta di Luciana Ausoni che fingeva di leggere, china, col cuore in tumulto e la vista intorbidata. Egli era a due passi da lei, alto e pallido, con bellissimi occhi neri e severi, con morbidi capelli lucenti, con un profilo da statua e col povero braccio mutilato nascosto nella manica floscia. Rispondeva parcamente al dottore che gli parlava con gaiezza, considerando la giovinetta fragile e bianca che gli alzava in volto di quando in quando, furtivamente, uno sguardo quasi estatico. Il medico li presentò l’uno all’altra e scherzò leggermente con bonaria malizia sul turbamento visibile della fanciulla dinanzi al «giovine eroe». Ella rispose con un impreveduto spirito mordace e subito, con una morbida grazia che velava sottilmente di frivolezza un’intima profonda commozione, ella confessò sorridendo la sua «passione infelice».

Il giovine sorrise anch’egli, le sedette accanto su una poltroncina di vimini e rispose che già conosceva l’esistenza di quella sua piccola ammiratrice la quale s’interessava con tanta gentile sollecitudine alle tristi vi-