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LA FALENA E IL LUME.


— Ascolta, — mi disse ieri sera Emanuela Vittis, poichè finivamo di pranzare sulla terrazza in faccia al lago e la luna sorgeva dietro una fila di collinette per venirsi a specchiare civettando nell’onda.

Eravamo nell’ombra dell’oleandro gigantesco che apre nella notte tutti i suoi fiori amari e non si vedeva brillare che la punta delle nostre sigarette accese, mentre io attendevo che Emanuela parlasse. Ella non parlava ancora; si appoggiava col dorso alla balaustra che sembrava soffocare sotto l’abbraccio ostinato dell’edera ed incontro al moerro grigio-azzurro dell’acqua si profilava la snellezza ardita del suo busto chiuso in una specie di giustacuore di seta chiara e la linea decisa delle spalle, e il lungo collo che il mento sollevato inarcava in una molle linea floreale, quasi a sostenere, fiore ed insieme frutto, la