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andante appassionato 201

— Ho lasciato Ebe e ritrovo Giunone, anzi, dirò meglio Pomona, intenta alle opere del giardinaggio e della frutticultura.

— Pomona? — ripetè a sè stessa con qualche sdegno Valeria che non possedeva molta famigliarità con la mitologia. E soggiunse fra sè: — Dev’essere una impertinenza; Leo si piglia gioco di me: non gli piaccio.

E sotto quest’incubo perdette per tutto il giorno ogni gaiezza ed ogni grazia, sebbene avesse indossato il suo bell’abito di merletto bianco.

Fu solo a sera, quand’ebbero finito di pranzare sotto gli alberi del giardino e la prima ombra incominciò a velare i loro volti, che Leo Carmine osò rivolgere a sua cugina la domanda attesa e temuta:

— Come sta Evelina?

La risposta si fece attendere un momento, ma la voce di Valeria non tremò mentr’ella diceva:

— Il medico ha voluto provare una nuova cura in una casa di salute. Stava molto male in questi ultimi tempi.

— E la cura le giova? — chiese ancora Leo.

— Finora non diede alcun risultato e non ne darà, purtroppo, — sospirò Valeria e volle accendere una sigaretta per sviare quel rattristante discorso. Difatti il giovine non replicò e rimase a lungo silenzioso. Tutta la