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morso di quella vita distrutta per cagion sua, di quella rovina già quasi inconsapevole di sè stessa, lo avrebbero riafferrato al ritorno e costretto subito a fuggire, o forse a rimediare con un tardo pentimento al male divenuto insanabile. Perciò occorreva allontanare Evelina.

Quando il vecchio medico di famiglia chiamato da un biglietto di Valeria, accorse allarmato in casa Carmine, la trovò pensosa e accigliata con una lettera dal bollo straniero in mano.

— Mio cugino sta per imbarcarsi per l’Italia; fra due o tre settimane sarà qui, — gli annunziò concitata, mentre il dottore sedeva con flemma.

— Benissimo, — egli disse fregandosi le mani; — lo vedrò volentieri il nostro caro americano.

— Ma Evelina, dottore, pensi ad Evelina, — ribattè Valeria con occhi supplichevoli, — ha avuto parecchie crisi in questi giorni; la presenza di suo cugino le sarà fatale.

— Fatale o no, — osservò quell’uomo bonario che nella sua lunga e oscura carriera s’era abituato a considerare solamente come cose importanti le nascite e le morti. — Che cosa vuol fare di sua sorella?

— Mi dia un consiglio, dottore, — pregò Valeria dopo un lungo sospiro. — Vi sono tante buone case di cura per malattie ner-