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andante appassionato | 195 |
Erano fotografie un po’ sbiadite, chiuse in cornici ricamate a viole del pensiero rappresentavano tutte un unico uomo, un giovine bruno dalle spalle quadrate, dallo sguardo un po’ fosco sotto le sopracciglia unite alla radice del naso, dalla bocca tumida e fresca come quella di un adolescente.
Appariva in una di esse stretto in un costume da caccia in velluto cupo, in un’altra a cavallo, coi denti e gli occhi lucenti nell’ombra del cappello floscio, in un’altra ancora vestito da sera, coi guanti in mano e il fiore all’occhiello. Evelina restava qualche volta immobile, quasi affascinata, fissando lungamente quelle figure coi suoi chiari occhi divenuti all’improvviso torbidi e come vuoti di pensiero e poi per la piccola gradinata si precipitava in giardino e correva, correva, stringendosi alla persona scarna la sua vestaglia turca, lanciandosi intorno sguardi paurosi come se temesse un inseguimento od un agguato. E se qualcuno incontrandola le chiedeva dove si dirigesse con tanta fretta ella rispondeva senza fermarsi: — Vado a passeggio, che ve ne importa? — E continuava a fuggire, mentre dietro di lei si ripeteva: — È pazza.
Quando rientrava pallida, ansante, stanca a morte, si buttava sulla sedia a sdraio, riprendeva ad uno ad uno i tre ritratti, li baciava con frenesia, se li premeva sul cuore,