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192 | un colpo di sperone |
assalire pur di riconquistare il suo bene in pericolo, pur di allontanare la minaccia oscura che pareva contendergliene il possesso. Certo ella lo amava anche nell’apparente inerzia del suo cuore — ella si diceva vestendosi — se tutta sè stessa si rivoltava così al pensiero di perdere il suo amore, se la sua stanchezza, se la sua debolezza si sollevavano d’un tratto, fatte vigili e pronte e ardite per incalzarla fin lassù, dove un’altra ombra incombeva, dove la sua presenza occorreva perchè il suo amore non cedesse a un momento d’oblìo o di sazietà.
Raggiunse dopo pochi minuti nel giardino Vittore Colonna e lo trovò sdraiato nella sua poltrona a dondolo intento a cullare infantilmente la sua piccola delusione sentimentale e la sua anima di buon fanciullo sereno. Egli si sollevò vedendola giungere col viso avvolto nel fitto velo e il mantello di tussor chiuso fino alla gola e prese docilmente dalle sue mani il libro dell’orario ch’ella gli porgeva.
— Vi prego, amico mio, spiegatemi a che ora debbo partire, a che ora debbo giungere, perchè l’orario parla una lingua per me incomprensibile, — disse la donna infilandosi i guanti flosci, lunghi fino al gomito e risedendo sull’orlo della poltrona.
E il giovine, docilmente, sedette ai suoi piedi, le aperse su le ginocchia il piccolo libro e, molto assorto, incominciò a sfogliarlo.