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190 | un colpo di sperone |
— Intendo se la conoscete fuori di scena, nell’intimità. Voglio sapere che donna, non che attrice essa sia.
— È una donna affascinante. La donna e l’attrice non si distinguono: ella è nella intimità ciò che è sulla scena, o è sulla scena ciò che è nell’intimità.
— Insomma una donna pericolosa.
— Pericolosissima, dicono.
Romana Camuri continuò a gualcire fra le mani la lettera, con lo sguardo fisso e il seno ansante, poi d’un tratto si curvò tutta verso il giovine, con gli occhi lucenti di pianto e la gola stretta dall’angoscia:
— Tre pagine, capite? tre intere pagine per dirmi che Mirta Savelli è capitata per caso lassù nel suo stesso albergo, a riposare dalle fatiche della scena, a riconquistare la forza e la freschezza e a tormentare un disgraziato scrittore che sta sfasciandosi il cervello su un romanzo di cinquecento pagine e di trenta capitoli. Comprendete?
— Comprendo, cara amica, e ne sono lieto per voi. Non sarete più costretta a dividere con lui, voi così fragile e così delicata, le gravi fatiche della gloria.
— Ah! mi canzonate? Ebbene no, caro amico, quella donna potrà riposare quanto vuole, riconquistare tutto ciò che vuole, ma tormentare Luca Gilberti e impedirgli di lavorare no, e poi no. Ci sono io di mezzo.