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UN COLPO DI SPERONE.
All’ombra fittissima dei platani di Villa Gaia la giovine donna si dondolava mollemente, abbandonata all’ampia poltrona di legno curvato, col capo, le spalle, le braccia affondati nei grandi cuscini di merletto.
S’avvolgeva indolentemente in un morbido kimono di seta giallo-arancio donde il lungo collo sottile, le lunghe mani magre, i lunghi piedi calzati di sandali emergevano con un biancore opaco e languente come le corolle dei fiori acquatici. Teneva su le ginocchia un libro aperto che non leggeva, ma consultava tratto tratto il piccolo orologio incassato nella testa di un serpe, che le circondava il polso con le sue squame lucenti.
Le parve d’improvviso che un rauco suono di tromba echeggiasse ad uno svolto della strada scoscesa ed ella si sollevò sui guanciali in ascolto, battendo le palpebre, mor-