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è scritto nel destino 183


Ma ella per un momento non potè rispondere: aveva appoggiata la fronte sulla sua spalla e ve la scuoteva incontro, gemendo, come per penetrare in lui, come per fargli sentire il fuoco del suo dolore e del suo amore. Egli ripetè: — Che vuoi dunque dirmi, Enza?

— Che ti amo, che ti amo, che non posso vivere senza di te, che non dobbiamo lasciarci.

La risposta fu come un grido represso, come un urlo soffocato. Ugo la cinse, sentì sotto il suo braccio il giovine corpo senza busto, pieghevole, tepido, voluttuoso e si chinò su di lei, le baciò il collo scoperto, la strinse a sè, le mormorò sorridendo:

— Ti ricordi che cosa mi dicesti quella sera in treno? Bisogna lasciarci: è scritto nel destino.

— Il destino lo facciamo noi, — ella rispose sogguardandolo con gli occhi carezzevoli. Ma subito si sollevò, si protese in ascolto.

S’udì il fischio e l’ansare del treno che ripartiva in mezzo alla notte muta, sotto una luna pallida e raggiante come un ostensorio.