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178 | è scritto nel destino |
a correre e di cadere di colpo a terra. Si scosse, si destò, comprese: la voce straziante era il fischio della locomotiva, il colpo violento l’arrestarsi improvviso del treno. Poco dopo il custode bussò discretamente alla sua porta avvertendo che fra mezz’ora si giungeva.
La luce dell’alba penetrava fra l’una e l’altra tendina abbassata, accendeva un raggio nello specchio incassato nella porta del gabinetto di toilette. Essa vi entrò, si rinfrescò il viso e le braccia con l’acqua limpida, ravviò i suoi capelli scomposti, si rivestì in un momento, uscì nel corridoio.
Un americano gigantesco, con un largo volto da donna sbarbato e roseo vi passeggiava in pigiama di seta gialla commentando alla moglie, ch’era in kimono di seta azzurra, il sorgere lento del sole sui colli. Parevano in casa loro: ella sgretolava un pezzo di cioccolato, egli fumava e di tanto in tanto le circondava le spalle col braccio, finchè la costrinse a voltarsi e scomparvero entrambi nella loro cabina. La beatitudine della serenità era così manifesta sul loro placido volto, che Enza li invidiò. Perchè non poteva essere anch’ella così, guardare l’aurora succhiando un confetto e sentendo intorno alle sue spalle il braccio d’Ugo, il quale serenamente l’amava?
Ahimè! ella era composta di un’altra so-