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nessuna colpa 167

nuta a conoscenza dei Valturba un po’ tardi, ma ancora in tempo per deciderli a troncare ogni progetto d’unione.

Tale suscettibilità poteva sembrare troppo esagerata per essere convincente, tanto più che il padre di Viviana, noto a tutti come corretto gentiluomo, l’aveva lasciata anni innanzi, legandole un bel patrimonio e affidandola alle cure di sua zia, la giovine contessa Gabriella Claresi.

Più tardi, Viviana, lasciato a forza il collegio e dimenticato l’infedele fidanzato, aveva sposato un altro e sua zia, rimasta vedova da alcuni mesi, tornava in quella sua villa sul lago dove i due giovani s’erano un tempo conosciuti e dove ella subìta la irritante sconfitta, aveva dovuto consolare il dolore e l’umiliazione dell’abbandonata.

Ella continuava ora a fissare attraverso al suo velo l’azzurro paesaggio lacustre, irrigidendosi in quella posa d’ostentata indifferenza, quasi di altera lontananza, che doveva intimidire e ferire Romeo Valturba. Ed in realtà il giovine, fermo ad alcuni passi, la contemplava quasi estatico con un volto commosso ed impaurito ad un tempo. Egli teneva in una mano il cappello e si passava l’altra nelle brune chiome ondulate con un moto lento e convulso, pieno di perplessità e d’affanno.

Aspettava ch’ella si volgesse, che i suoi