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160 questa è la verità

a salutarla dopo colazione e Rinaldo uscì a fumare in giardino.

I violini suonavano sempre, ma Sergio Kadar discendeva per la scala esterna della sua terrazza e si dirigeva per un piccolo viale ombroso incontro a Rinaldo Olinti. Quando gli fu vicino s’inchinò e gli disse con voce ferma: — Permettetemi di presentarmi: io sono Sergio Kadar....

— Ungherese — completò Rinaldo osservandolo con curiosità. Egli aveva indossato il suo costume nazionale ad alamari ed a cintura con alti stivali e speroni d’argento. Ma non ostante la fierezza del suo volto, su quello sfondo di mare azzurro e di cielo calmo in quel giardino di palmizi e di rose, pareva un personaggio d’operetta.

— Signore, io vi debbo parlare di una cosa gravissima, — egli annunziò con un tono melodrammatico che fece sorridere Olinti e soggiunse: — ma non qui all’aperto, naturalmente. Compiacetevi di seguirmi.

Infilò un vialetto laterale ed entrò in un piccolo chiosco di finta roccia dov’erano alcuni sedili ed un tavolino di marmo. Rinaldo che lo aveva docilmente seguito e trovandosi in un’ottima disposizione di spirito, si divertiva di quella scena a finale incerto, sedette sul tavolino, appoggiò un piede a terra e l’altro sopra uno sgabello e continuò a fumare aspettando.