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l’ospite | 135 |
dava il giovine oscurato in volto, temendo d’essere schernito, pronto ad allarmarsi.
Ma ella non lo sapeva; era forse uno spasimo demente, era forse un dileggio per sè stessa, era forse un grido o un singhiozzo che le prorompeva dal cuore così mascherato.
Pure la voce offesa di Renato la colpiva al capo come una pietra, la domanda irosa le risonava dentro dura e chiara.
— Perchè ridi, perchè ridi così?
Allora ella si rese conto che il suo ridere lo ingiuriava, ch’esso lo induceva a un sospetto offensivo per quella sua dignità tanto gelosamente difesa e sentì che ella poteva farsene arma contro di lui, ricambiargli il male orribile che egli le aveva inflitto, prendersi immediatamente la sua rivincita. Si calmò, rispose serena:
— Ma, Dio mio, rido perchè la tua domanda mi pare quasi assurda. Perdonami se sono costretta a dirti una spiacevole verità, ma mia cognata Germana mi ha spesso lasciato comprendere che tu non le sei affatto simpatico. Ti ripeterò anzi le sue parole stesse: ella non ti può soffrire.
— Lo sospettavo, — mormorò Renato Faris fosco, mordendosi il labbro irosamente; — ma talvolta le ragazze sono così strane! Però ho fatto bene a consigliarmi con te, benchè tu mi incoraggiassi con tanta sicurezza.
— Sì, hai fatto bene — ella rispose grave;