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l’ospite | 133 |
bro ancora intonso del quale ella tagliava le prime pagine e le disse d’improvviso, tenendo strette nelle proprie le sue dita fredde:
— Ascoltami, Olga. Ho bisogno di parlarti stasera.
La sua voce era bassa, quasi trattenuta in gola, quasi espressa a forza dal cuore incerto.
Ella sentì che le labbra le tremavano un poco mentre pronunziava le parole tranquille della risposta, le parole che dovevano mutare il suo destino.
— Parla pure. So che devi confessarmi qualche cosa.
— Tu sai? — domandò il giovine con gli occhi sfavillanti. — Difatti io devo sembrarti un po’ strano da qualche tempo. Ero molto turbato e lo sono ancora; l’incertezza non è uno stato d’animo che mi convenga.
— Povero Renato! — ella sorrise, dolcemente ironica; — una donna ti fa paura, non è vero? Una piccola, debole donna fa paura a un uomo forte e fiero come te.
V’era già nella sua frase velata di falso sarcasmo un principio di dedizione, un bisogno amorevole d’umiltà e di lusinga, v’era già in ispirito l’atteggiamento d’una donna che si promette e che si concede. Egli non sentì che la puntura sottile dello scherno e rise un po’ amaro.
— Non è paura, è superbia forse. Il pericolo d’un rifiuto m’ha trattenuto finora da