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come un’ombra | 117 |
verso di lei con una tattica amorosa meno innocua di quella dello sguardo.
La sera in cui la duchessa Laurati offriva all’albergo Imperiale un ricevimento d’addio ai suoi amici prima di ripartire per un viaggio all’estero con la nipote, il signor Montenero appoggiato col dorso allo stipite d’una piccola porta laterale del salone pareva una cariatide. Immobile, con le mani conserte sul petto e gli occhi fissi su la giovine donna s’era quasi impietrito in quell’atteggiamento insolitamente orgoglioso, quasi di raccolta sfida e di superbo dolore.
Ella andava dall’uno all’altro gruppo parlando e sorridendo con quella sua grazia un po’ sdegnosa che attirava e respingeva al tempo stesso, ma che lasciava dietro di sè quasi un solco di freddezza e di diffidenza. Sembrava che ella fosse costretta ad occuparsi di tutta quella gente e che se lo imponesse come un dovere, senza riuscire a vincere il leggero fastidio a cui quest’obbligo mondano la costringeva.
Ad un tratto ella attraversò il salone con un’andatura lenta, ondeggiante e quasi felina, accentuata dal suo abito di velluto fulvo a lungo e sottile strascico e s’avvicinò alla duchessa Laurati.
Ella stava porgendo la mano ad un giovine allora giunto che glie la baciava galantemente e sorrise benevola alla nipote