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come un’ombra 115


Le si avvicinava di quando in quando a sorriderle od a susurrarle qualche breve frase affettuosa una sua giovine nipote ch’ella amava moltissimo e che per cause oscure viveva separata dal marito.

Elsa Laurati aveva ripreso il suo nome di fanciulla e conviveva con la zia la quale la considerava come una figliuola.

Esse abitavano da oltre un mese all’albergo Imperiale ov’io ero scesa una settimana innanzi e le avevo molto attentamente osservate. La zia vestiva con vistosa eleganza e sopra una persona rimasta flessibile e quasi ancora giovanile portava una piccola testa di vecchia, con capelli tinti in rosso, col naso a uncino, con la bocca così cadente che gli angoli si prolungavano in due rughe profonde ai lati del mento. Pareva uno di quei pagliacci meccanici che servono di giocattolo, i quali per poter aprire la bocca hanno il mento staccato dal resto del viso e lo abbassano e lo sollevano allo scatto di una molla nascosta.

Ma la nipote aveva una faccia di madonna sdegnosa chiusa in due bande di capelli castani, uno sguardo un po’ duro negli occhi color d’acciaio, una bocca sottile e immobile di persona altera e tenace. Il suo vestire era semplice come quello di una fanciulla ma raffinatissimo in ogni particolare. Ella aveva un modo strano di volgersi gli occhi intorno