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il cuore malato 107

rezza carezzevole e cordiale da cui i vecchi si lasciano soggiogare. E non poteva. Un nodo le chiudeva la gola, una piega amara della bocca le impediva di sorridere. Udiva Alberto discorrere con lo zio di cose gravi, con un tono serio che ella non gli conosceva, udiva Marzi intervenire tratto tratto nella conversazione con qualche motto leggero o scherzoso e udiva la voce nasale di don Eusebio rispondere all’uno o all’altro con parole staccate e lente che parevano cadere dall’alto. Ed anche udiva sè stessa parlare di cose vane che non la interessavano, con una voce mutata che le sembrava la voce di un’altra, la voce di una donna che parlasse delirando dopo aver ricevuto una mazzata sul capo.

Quando fu nella sua camera, dopo aver salutato don Eusebio con parole fredde e con inchini cerimoniosi, suo marito la raggiunse e la interrogò con un tono irato e sommesso ch’ella non gli aveva mai udito: — Ma dimmi, perchè tratti a questo modo lo zio? Tu mi sembri nelle nuvole questa sera e sai pure che tutto, tutto il nostro avvenire, capisci? tutto dipende da te. Io l’ho indotto a venire qui, sei tu ora che lo devi conquistare, circondare, trattenere perchè non ci sfugga in questi pochi giorni che gli restano a vivere. Si tratta della nostra fortuna di domani, comprendi?