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98 | è partita |
rosa che incominciava: «Caro Gugù», e seguiva fissandogli per la sera il consueto appuntamento in un ristorante notturno colla sua piccola Rirì!
— Glie l’ho trovato in tasca stamattina, mentre dormiva e sono corsa subito da te, subito, perchè tu mi dica che cosa debbo fare. Un’amante, anche un’amante, capisci? È troppo, io non ne posso più. Io impazzisco di rabbia e di vergogna.
Ella s’aggirava per lo studio come una belvetta in gabbia, torcendosi le mani e pestando il piede ogni volta che si fermava. Ed ogni volta, suo zio approfittando dell’interruzione incominciava pazientemente: — Ascolta.
Finalmente potè parlare e con le mani di Oretta nelle sue per infonderle calma e pazienza le disse con gravità:
— Mi pare che ti rimane a fare solo una cosa, molto semplice e molto naturale: rimanere qui, non rimettere più piede in casa di tuo marito, castigarlo così con fierezza e con dignità di tutte le sue colpe.
Ma mentre egli attendeva che il viso di Oretta si rischiarasse e che ella buttandogli al collo le braccia gli dicesse con semplicità e con tenerezza: — Sì, zio –, la vide invece mordersi nervosamente le labbra con le sopracciglia unite da una ruga di corruccio e scuotere la testa in segno di diniego.
— No, zio, tu non hai ragione. Guglielmo