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è partita | 97 |
tanto provava una specie di ironica gioia nel sapere in colpa il marito di Oretta. Quel caro Bonventuri che giocava e si rovinava allegramente, quasi quasi incominciava a diventargli simpatico perchè sua moglie s’indignava contro di lui.
— Dovresti rimproverarlo tu, zio; chiamarlo qui con un pretesto, fargli capire la sua responsabilità e la sua colpa e proibirgli di giocare ancora sotto pena di....
— Sotto pena di.... — ripetè Fabio Lucani agitato da un’oscura speranza.
— Sotto pena di vedermi abbandonare il tetto coniugale, — terminò Oretta con una gravità solenne che parve deliziosa a suo zio.
— Davvero? Lasceresti tuo marito e ritorneresti a vivere con me?
— Naturalmente, s’egli mi rovina.
Fabio si trattenne a stento dall’abbracciare la nipote, tanto si sentiva felice, e da quel giorno ogni volta che ella tornava, e tornava ora spessissimo, le domandava notizie di Guglielmo, trepidando.
— Gioca, gioca. Stanotte è rincasato alle tre. L’ho rimproverato, mi sono disperata. Tutto è inutile.
E Fabio gioiva dentro di sè mentre atteggiava il volto al più tenero compatimento.
Ma un mattino Oretta si precipitò nello studio con un viso ancora più sconvolto e gli mise sott’occhio un biglietto scritto su carta