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90 è partita


— Ecco, ora sale le scale. Quattro piani, cinque minuti almeno. Mi dirai se ti piace, me lo dirai francamente, non è vero? Non lo tratterrò in salotto, lo condurrò subito qui. Ecco: è lui.

Un trillo lungo e acuto di campanello attraversò l’atrio come una freccia. Oretta con la mano sul cuore, attese; dopo un momento la cameriera apparve dietro un paravento giapponese e chiamò la signorina. Ella gettò allo zio un sorriso e corse via leggera.

— Il conte Bonventuri, mio zio Fabio Lucani.

Oretta presentò l’uno all’altro i due uomini i quali esitarono un attimo prima di stringersi la mano e in quell’attimo i loro sguardi incontrandosi si sentirono oscuramente ostili.

— Costui è l’uomo che mia nipote ama, — pensava Fabio Lucani mentre rispondeva gentilmente alle domande vaghe e convenzionali che il giovine gli rivolgeva sulla sua arte e sulle sue opere. — Costui è venuto qui oggi o verrà qui domani per chiederla in moglie ed io non potrò rifiutargliela. E fra due o tre mesi quest’uomo che io non conosco, che poco tempo fa Oretta non conosceva, se la porterà via ed io resterò solo. Io che da vent’anni me la vedo accanto, che vivo della sua giovinezza, che gioisco della sua bellezza, che so amarla col cuore e con gli occhi, che godo la sua presenza e la sua vicinanza come il